Michele Giangrande e il delitto perfetto


di Rosalba Branà
Dir. Fondazione Museo Pino Pascali

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Ne Il delitto perfetto del 1995, Baudrillard tenta di ricostruire “un crimine”: l’uccisione della realtà e lo sterminio dell’illusione mediante l’informazione mediale e le nuove tecnologie, il filosofo e sociologo francese vuole così dimostrare che le società postmoderne sono organizzate intorno ad un universo fatto di illusioni nel quale gli individui diventano schiavi di valori consumistici e avviluppandosi in un mondo fatto di apparenze, immagini e sembianze, la realtà vera scompare, anche se sue flebili tracce continuano a darci l’illusione del reale.
Nell’estasi della comunicazione mediale e dell’oggetto iper-tecnologico assistiamo ad un processo di reificazione della realtà per cui gli esseri umani sono dominati dalle cose e diventano simili a delle cose essi stessi. E’ questa la tipologia di oggetti che Michele Giangrande mette sotto osservazione, oggetti che non sono semplici risultanze del ciclo produzione-circolazione-consumo, ma che, modificati o totalmente reinventati dal nostro giovane artista, costituiscono essi stessi un nuovo sistema di segni, perché assumono un linguaggio proprio e perché sono in grado di emettere dei valori-segni che differiscono sia dal loro valore d’uso, sia dal loro valore di scambio.
Sono oggetti mediatori quelli che Giangrande mette sulla scena dell’arte, e che contengono un paradosso creativo e irrisolvibile, perché l’oggetto è reale e al contempo produce un’illusione, cioè si carica di tutte le proiezioni volute dall’artista. Muovendosi in una linea di confine tra il ready-made di origine dadaista e duchampiana e l’object-trouvé di matrice surrealista, prende corpo una nuova progettualità estetica per Giangrande che fà della sua intera opera una installazione che potremmo definire un magico deposito degli oggetti smarriti.

(dal catalogo della mostra Michele Giangrande)

 

Michele Giangrande and the perfect crime

by Rosalba Branà
Dir. Fondazione Museo Pino Pascali


In The perfect crime of 1995, Baudrillard tries to reconstruct a “crime”: the murder of reality and illusion by means of mass media information and new technologies; the French philosopher and sociologist aims to prove that postmodern societies are organized around a world of illusions, images and appearances, where individuals are slaves to consumerist values and true reality disappears, though some faint traces of it continue to convey the illusion of reality.
In the ecstasy created by mass media communication and hypertechnologic objects, a general process of reification takes place, which leads human beings to be dominated by things, so that they become similar to things themselves. Michele Giangrande investigates this kind of objects; they are not simple outputs of the producing-circulatingconsuming cycle, but, after being modified and even reinvented by our young artist, they embody a new system of signs, since they have their own language and can express a series of values-signs, which are different from both their use value and their exchange value. The objects exhibited by Giangrande are intermediary objects, containing a creative and unsolvable paradox: the object is real and yet produces an illusion, which means that it conveys as many projections as those conceived by the artist. On the borderline between the Dadaist and Duchamp-like readymade and the surrealist objet trouvé, Giangrande conceives a new aesthetics, capable of turning his whole work into an installation, which can be defined as a magic storehouse of lost property.

(from the catalogue of the show Michele Giangrande)